====== A1.2 Magnitudini e indici di colore. Arrossamento ======
La luminosità delle sorgenti stellari, così come esse appaiono
ad un osservatore terrestre, viene in astrofisica misurata secondo
una scala logaritmica delle [[wp.it>Magnitudine_apparente|magnitudini apparenti]] "m", definita dalla
relazione
m=-2.5 log W + cost (5)
ove W è l'energia raccolta e misurata dai rivelatori. L'energia
W dipenderà peraltro non solo dal flusso della radiazione ma da
molti altri fattori quali le dimensioni del [[wp.it>telescopio]], il tempo
di esposizione, la sensibilità del rivelatore. Ci si libera da
tutti questi fattori aggiuntivi attraverso la costante che fissa
il punto zero della scala delle magnitudini ed è definita
prefissando la magnitudine di una o più stelle "standard".
Nella pratica delle osservazioni si misurano sempre //
differenze di magnitudine // tra gli oggetti in studio e opportune
standard, talchè
m= m_s -2.5 log W/W_s (6)
e la misura di una magnitudine si riduce alla misura di un
rapporto di flussi.
\\
{{:c01:fig1_14.jpg?700}}
\\
** Fig. 1.15 ** Curve di trasmittanza dei filtri U, B, V del sistema di Johnson
L'energia misurata dipende peraltro dalla risposta (//
sensibilità//) del rivelatore alle varie lunghezze d'onda
convoluta con lo spettro (temperatura) della sorgente. In passato
furono così definite, ad esempio, le //magnitudini
fotografiche// che facevano riferimento alla sensibilità delle
[[wp.it>Sviluppo_fotografico|emulsioni fotografiche]].
Per liberarsi per quanto possibile da tale
dipendenza oggi è d'uso misurare l'energia corrispondente solo a
prefissate porzioni (bande) dello spettro. Molto usate le bande U,
B, V (//Ultravioletto, Blu, Visuale//) di Johnson definite
attraverso curve standard di trasmissione dei relativi filtri
(fig1.15). Accanto a tale sistema sono in uso anche
altre bande, quali le R, I, J, H, K, L che coprono porzioni dello
spettro a lunghezze d'onda ancora maggiori. Per ogni banda si
definiscono le relative magnitudini
m_i= -2.5 log W_i +cost (7)
dove W_i è l'energia raccolta nella banda "i" e la costante e'
ancora determinata fissando la magnitudine "i" di stelle standard.
In corrispondenza delle tre bande indicate ogni stella è cosi'
caratterizzata dalle tre magnitudini mU, mB
e mV, sovente
indicate semplicemente con U, B e V. Scala e punto zero delle
magnitudini visuali sono state fissate in maniera da risultare in
ragionevole corrispondenza alla antica classificazione delle
stelle visibili ad occhio nudo in sei classi di grandezze
apparenti. Si ponga attenzione al fatto che al diminuire della
luminosità apparente aumenta la magnitudine.
{{c01:telescopemini.jpg?600|}}
Per familiarizzarsi con tale scala, notiamo che //un aumento di 5
magnitudini corrisponde ad una riduzione del flusso di un fattore
100.// La stella più brillante del cielo, [[wp.it>Sirio]], ha una
magnitudine visuale V=-1.6, la luna piena -12.6, il Sole -26.7.
L'osservazione del cielo ad occhio nudo si limita a magnitudini
inferiori a 6, ma telescopi anche modesti possono raggiungere
almeno V=15. I grandi telescopi accoppiati con i sensibili moderni
[[wp.it>Charge_Coupled_Device|rivelatori CCD]] giungono a V approx 24 e il
[[wp.it>Telescopio Spaziale Hubble]] si spinge oltre V approx 28. Si può realizzare la debolezza
di tali sorgenti ricordando, ad esempio, che ad una sorgente di
magnitudine 21 corrisponde alla superficie della Terra un flusso
di circa 5 10-3 fotoni per cm2 e per secondo. Occorre
cioè attendere più di tre minuti perchè su un centimetro
quadro giunga un singolo fotone. Questi numeri bastano per far
chiaro come i telescopi non servano, come talora ingenuamente si
ritiene, a "ingrandire" le immagini celesti, ma //a raccogliere da
una sorgente quanti più fotoni possibile//, il numero di fotoni
crescendo col quadrato della superficie dello specchio. E' così
facile ricavare che i fotoni raccolti da uno specchio di 5 metri
di diametro, quale quello del famoso [[wp.it>telescopio del Monte Palomar]],
sono più numerosi di circa un fattore 107 di quelli raccolti
nello stesso tempo dalla pupilla di un [[wp.it>occhio]] umano.
{{:c01:fig1_15.jpg?500}}
**Fig. 1.16** Andamento alle varia lunghezze d'onda del coefficiente di assorbimento A_{lambda} che misura la variazione di magnitudine causata da un arrossamento E(B-V) unitario.
//E' di grande importanza osservare come confrontando l'energia
raccolta in bande diverse si possa investigare la distribuzione
energetica del flusso, e quindi la temperatura del corpo nero.// La
differenza tra due di queste magnitudini prende il nome di
//indice di colore// e misura il rapporto tra i flussi nelle due
prescelte bande. Dalle caratteristiche del corpo nero è subito
visto che al crescere della temperatura ci si attende che crescano
ambo i rapporti W_U/W_B e W_B/W_V, e diminuiscano quindi
gli indici di colore U-B e B-V. La esatta relazione tra indici
di colore e temperatura dipenderà sia dalla composizione chimica
che dalla gravità alla superficie della stella, poichè ambedue
tali fattori modulano le righe di assorbimento negli spettri
stellari e,quindi, il flusso emesso nelle varie bande. Tali
relazioni colore-temperatura possono essere ricavate sia per via
empirica (sperimentale) che attraverso modelli teorici di
[[wp.it>Atmosfera_stellare|atmosfere stellari]].
Si definisce inoltre //magnitudine bolometrica// mbol la
magnitudine riferita all' intero flusso di energia emessa,
compresa quindi anche tutta la radiazione che non giunge alla
superficie della Terra a causa di assorbimenti atmosferici e,
talora, interstellari. Nota la magnitudine bolometrica e la
distanza di una stella si risale alla luminosità intrinseca
della sorgente L. La magnitudine bolometrica è sovente posta in
relazione con quella visuale attraverso la relazione
m_bol = m_V + BC (8)
ove BC rappresenta la [[wp.it>correzione bolometrica]], funzione di
temperatura, gravità e composizione chimica. La scala delle
magnitudini bolometriche non ha peraltro, sinora, standard
definiti e quindi deve essere utilizzata con grande precauzione.
Si definiscono infine //magnitudini assolute//, sia bolometriche
(Mbol) che nelle varie bande (MB, MV etc), le magnitudini
che avrebbero le stelle se poste ad una comune prefissata distanza
di 10 [[wp.it>parsec]] dalla Terra. Nota la magnitudine relativa e la distanza
di una stella è facile ricavarne la rispettiva [[wp.it>magnitudine assoluta]].
Infatti, l'energia che attraversa nell'unità di tempo
una superficie sferica ad una qualunque distanza r dalla sorgente
deve essere costante e pari alla // luminosita'// della sorgente,
definita come energia emessa per secondo. Si ha dunque a due
generiche distanze r1 e r2
Phi_1 {r_1}^2 = Phi_2 {r_2}^2 (9)
ricordando che m=-2.5log phi + cost, ponendo r1 pari alla distanza
della stella e assumendo r2 = 10 pc, si ottiene
m = M -5 + 5 log r (10)
dove r è misurata in parsec. La differenza m-M viene sovente
indicata come DM, [[wp.it>modulo di distanza]].
Per le magnitudini assolute bolometriche, poichè il rapporto tra
i flussi di due stelle poste alla stessa distanza è pari al
rapporto delle luminosità intrinseche degli oggetti, potremo
infine scrivere per una generica stella con luminosità L
M_{bol}= -2.5 log{L/L_0} + cost (11)
ove con L_0 si indica la luminosità del [[wp.it>Sole]] (3.9
10^{33} erg/sec) e la costante è la magnitudine bolometrica
assegnata al Sole.
I modelli teorici di atmosfere stellari consentono di correlare le
grandezze osservative sin qui definite con la luminosità L e la
temperatura efficace Te delle strutture, //fornendo per ogni
assunto valore di Te e di gravità lo spettro emergente dalla
superficie// e, da questo, i flussi nelle varie bande, gli indici di
colore e la correzione bolometrica.
Notiamo infine che in linea di principio gli [[wp.it>Indice_di_colore|indici di colore]], in
quanto rapporto tra due flussi, non dipendono dalla distanza
della sorgente. In quanto sinora esposto si è peraltro
sottaciuto il caso, frequente quando si osservi lungo la
direzione del disco galattico, che nel suo tragitto verso la Terra
la radiazione sia soggetta a fenomeni di assorbimento dovuti alla
presenza di materia (gas e polveri) interstellare. L'effetto di un
tale assorbimento risulta in genere tanto maggiore quanto minore
è la lunghezza d'onda, e viene misurato in termini dell' //
arrossamento// E(B-V), definito come //la variazione dell'indice di
colore intrinseco (B-V)0 causato dal maggior assorbimento della
radiazione nella banda B.//
Per ogni dato arrossamento si ha dunque
(B-V)_{oss}= (B-V)_0 + E(B-V) (12)
m_{i,oss} = m_{i,0} +A_i (13)
dove, A_i è l'aumento di magnitudine nella banda i ([[wp.it>Estinzione_(astronomia)|estinzione]]),
proporzionale all'arrossamento. Ad esempio, per la
banda V risulta
A_V approx 3.1 E(B-V)
da cui
V = V_0 + 3.1 E(B-V).
La Fig. 1.16 mostra l'andamento alle varie lunghezze
d'onda della variazione di magnitudine prodotta da un
arrossamento unitario, mentre la Tabella 1 riporta le
estinzioni Ai in varie bande riferiti all'assorbimento nella
banda V. La precisa valutazione degli arrossamenti è uno dei
capitoli più delicati della pratica osservativa astronomica.
L'entità dell'arrossamento può essere valutata dalla posizione
della sorgente nel //diagramma a due colori (U-B), (B-V)//. Qui
notiamo che ove si disponga di uno spettro che si estenda nella
regione dell'ultravioletto assorbita dall'atmosfera, come
ottenibile dunque solo da strumentazione nello spazio, l'entità
dell'arrossamento è facilmente ricavabile dalla caratteristico
//bump// nell'assorbimento a 2200 Angstrom.
\\
^ Filtro ^ < lambda > ^ A(lambda) ^
| U | 3600 A | 1.569 |
| B | 4400 A | 1.337 |
| V | 5500 A | 1.000 |
| R | 7000 A | 0.751 |
| I | 9000 A | 0.479 |
| J | 1.25 mu | 0.282 |
| H | 1.60 mu | 0.190 |
| K | 2.20 mu | 0.114 |
| L | 3.40 mu | 0.056 |
\\
** Tabella 1.1 ** Assorbimenti relativi nelle varie bande fotometriche
riferiti all'assorbimento nella banda V
\\
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~~DISQUS~~