3.5 Reazioni nucleari

Le reazioni nucleari ricoprono un ruolo fondamentale nell'evoluzione delle strutture stellari, non solo per costituire un importante componente della generazione di energia ma anche determinando l'evoluzione della composizione chimica della materia stellare. Conviene quindi esaminare in qualche maggior dettaglio lo scenario in cui si colloca tale meccanismo fisico.

All'inizio del XX secolo Rutherford, studiando la deflessione di un fascio di particelle cariche da parte di una sottile lamina metallica, concluse che in un atomo le cariche positive sono raggruppate in una microscopica regione centrale, il nucleo, di raggio dell'ordine di $10^{-13}-10^{-12}$ cm, circondato da una nuvola di elettroni negativi con dimensioni dell'ordine di $10^{-8}$ cm. Se l'attrazione coulombiana rende ragione della collocazione degli elettroni, fu chiaro che sui nucleoni (protoni e neutroni) doveva agire una forza che dominando sulla repulsione coulombiana riusciva a mantenere le particelle del nucleo in una configurazione stabile. Forze che fu conseguentemente indicata come interazione forte. Operativamente indicheremo come raggio di un nucleo proprio la distanza cui comincia a manifestarsi la interazione forte come deviazione dal comportamento coulombiano nelle esperienze di scattering di particelle cariche su un nucleo.

Un nucleo è quindi un insieme isolato di nucleoni sotto il controllo della forza forte. Insieme isolato sia per il caratteristico comportamento dell'interazione forte che si annulla al di la' di un caratteristico range di azione, sia per la repulsione coulombiana che in condizioni normali impedisce che due nuclei possano avvicinarsi sino al raggio di azione delle forze forti. Particelle sufficientemente energetiche possono peraltro giungere a superare tale repulsione coulombiana. Se e quando ciò avviene, i nucleoni di due nuclei venuti in contatto “forte” formano per definizione un nucleo composto, cioè un insieme di nucleoni sotto il comune controllo delle forze forti.

Non necessariamente il nucleo composto ammetterà configurazioni stabili. Ove ciò si verifichi, il nucleo composto (creato in uno stato eccitato) potrà decadere nel suo stato fondamentale, emettendo sotto forma di un quanto $\gamma$ l'energia in eccesso, come data dall'energia cinetica delle particelle interagenti e dalla variazione dell'energia di legame dei nucleoni prima e dopo l'interazione. Più in generale il nucleo composto tenderà a decadere in una serie di diversi possibili canali di decadimento, con probabilità che dipendono dal particolare insieme di nucleoni e dall'energia da essi posseduta. Sarà così possibile che il nucleo composto si suddivida in due o più frammenti, che emetta un nucleone singolo, una particella $\alpha$, ecc. . Potrà in particolare ridecadere nei componenti iniziali, realizzando così uno scattering nucleare, simile come risultato ma sostanzialmente diverso dallo scattering coulombiano nel quale non sussite interazione nucleare e formazione del nucleo composto. Si noti che i possibili canali di decadimento del nucleo composto possono dipendere anch'essi dall'energia: ad esempio solo fornendo al nucleo composto energie superiori all'energia di legame dei nucleoni sarà possibile che il nucleo si frammenti nei suoi singoli componenti (evaporazione del nucleo).

In un generico processo di collisione nucleari tra due particelle i e j, il numero $n_p$ di eventi che, per unità di volume e per unità di tempo, conducono ad un prodotto finale “p” viene correlato alla densità delle particelle interagenti ed alla loro mutua velocità V attraverso una relazione che è definizione della sezione d'urto $\sigma_p$

$$n_p=N_iN_j\sigma_p(V)V$$

dove $N_i$ e $N_j$ indicano rispettivamente il numero di particelle interagenti per unità di volume. E' facile verificare come tale relazione rappresenta l'estensione formale di quanto banalmente ricavabile nel caso di particelle assimilabili a sferette. Essendo $N_iN_j$ il numero di possibili coppie di particelle per unità di volume, $\sigma_p(V)V$ si configura come la probabilità per coppia di particella che avvenga il processo “p”.

Nel caso di particelle di varia velocità è immediata l'estensione della relazione precedente alla più generale relazione

$$ dn_p=N_iN_j(V)\sigma_p(V)VdV$$

dove $N_iN_j(V)dV$ rappresenta il numero di coppie di particelle che hanno tra loro mutua velocità tra V e V+dV, e $dn_p$ è il contributo di tali particelle al processo in esame.

Nel caso di reazione di fusione tra particelle cariche, che è quello che più direttamente ci interessa, la probabilità di reazione può essere ulteriormente esplicitata entrando nel merito dei meccanismi fisici ad esso inerenti. Ricordando che si ha formazione di nucleo composto quando le particelle giungono alle distanze dell'interazione forte, una reazione nucleare può essere pensata procedere in due successivi e distinti passi

  1. Le particelle giungono a “interagire forte”, superando la repulsione coulombiana,
  2. Il nucleo composto così formatosi decade nel canale prescelto.


Essendo questi due accadimenti tra loro indipendenti, la probabilità P di reazione sarà data dal prodotto delle due rispettive probabilità

$$P = \sigma(V)V = P_C P_N$$

ove con $P_C$ e $P_N$ indichiamo rispettivamente la probabilità (coulombiana) di formazione del nucleo composto e la probabilità (nucleare) di decadimento del nucleo composto nel canale prescelto.

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Figura 3.9 Una particella che a grande distanza da un nucleo bersaglio possegga una energia cinetica E non può classicamente oltrepassare la distanza R$_c$, alla quale tutta l'energia cinetica iniziale siè trasformata in energia potenziale nel campo elettrico. Grazie all'effetto tunnel quantistico una frazione di particelle riesce invece a raggiungere la distanza r$_n$ alla quale intervengono le interazioni nucleari.

In tale scenario, le regole della fisica ci consentono di valutare $P_C$. Al proposito è da considerare che alle temperature tipiche degli interni stellari l'energia delle particelle interagenti è in ogni caso inferiore all'altezza della barriera coulombiana (figura 3.9). In altre parole le reazioni nucleari sono classicamente proibite. In simili condizioni è peraltro noto che la meccanica ondulatoria predice che la barriera di potenziale non rappresenta un confine rigido per la presenza di particelle: la funzione d'onda si attenua all'interno della barriera, ma esiste un probabilità, piccola ma finita, che una particella superi la zona classicamente proibita per giungere ad interagire nuclearmente (effetto tunnel).

Tale probabilità risulta in particolare proporzionale al fattore di penetrazione di Gamow

$$P_C \alpha \frac {1}{E^{1/2}}exp(- \frac {2\pi Z_iZ_je^2}{hV})$$

Ne segue che la barriera coulombiana gioca un ruolo determinante, abbassando di un fattore $exp(-Z_iZ_j)$ la probabilità di reazione al crescere del numero atomico delle particelle interagenti. Tale andamento esponenziale risulta dominante su tutti gli altri fattori, ed in esso risiede il motivo per cui l'energia di soglia delle reazioni nucleari cresce al crescere di Z.

Il caso della materia stellare, nella quale le particelle interagenti sono ambedue termalizzate, può essere ricondotto all'analisi precedente. Si può infatti mostrare che se le particelle i e j hanno ambedue una distribuzione di velocità di Maxwell Boltzmann, anche la distribuzione delle mutue velocità è una maxwelliana, e per il numero di coppie N(V)dV con velocità mutua V = |Vi-Vj| tra V e V+dV si ha

$$N(V) = N_iN_j (\frac{2}{\pi})^{1/2} \frac{V^2\mu^{3/2}}{kT^{3/2}} e^{- \frac {\mu V^2}{2kT}} = N_iN_j n(V)$$

dove $\mu=A_iA_j/(A_i+A_j)$ è la massa ridotta tipica dei problemi dei due corpi.

Il numero di reazioni per unità di volume ed unità di tempo sarà in definitiva fornito da

$$n=\int_{0}^{\infty}{N(V)P_CP_NdV} = N_iN_j\int_{0}^{\infty} {n(V)P_CP_NdV}$$

Trascurando il contributo di $P_N$, da ricavarsi da opportune esperienze di laboratorio e che fuori da eventuali risonanze è funzione lentamente variabile,è istruttivo esaminare l'andamento della funzione integranda $n(V)P_C$ nelle tipiche situazioni stellari.

Assumendo, come verificheremo nel seguito, che il Sole sia sorretto dalla combustione di idrogeno, l'evidenza geologica che assegna al Sole un' età superiore ai 4 miliardi di anni, si traduce nell'evidenza di una lunga vita media dei protoni a fronte delle reazioni di combustione e, di converso, di una probabilità di reazione fortemente ridotta. La grande quantità di energia emessa dal Sole è quindi figlia non tanto della velocità delle reazioni ma del grandissimo numero di particelle coinvolte.

Come illustrato in figura 3.10, ciò corrisponde ad una situazione in cui la citata funzione integranda è non nulla solo in un ristretto intervallo di energie nel quale la coda ad alte energie della maxwelliana interseca il limite inferiore della probabilità di penetrazione coulombiana. L'andamento dell'integrando in tale regione prende il nome di picco di Gamow e l'energia del suo massimo viene indicato come energia di Gamow. Si noti come al crescere di $Z_iZ_j$ la probabilità coulombiana si sposti a maggiori energie: al fine di fornire un analogo contributo energetico la maxwelliana si dovrà anch'essa spostare verso maggiori energie, richiedendo cioè maggiori temperature.

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Figura 3.10 Andamento schematico delle due funzioni, l'integrale del cui prodotto regola la velocità delle reazioni nucleari. La curva a tratti mostra l'andamento del prodotto, che raggiunge un massimo all'energia di Gamow E$_G$

Nella usuale notazione astrofisica si usa porre

$$n=\frac{N_iN_j}{1+\delta_{ij}} <\sigma V>$$

ove $$< \sigma V>$$ rappresenta l'integrale sulle velocità ed il fattore $1+\delta_{ij}$ ($\delta_{ij}$=0 per i=j, =1 per i=j) viene introdotto per generalizzare la formula al caso di particelle identiche per il quale il numero di coppie risulta $N_i^2/2$. Il valore di $$<\sigma V>$$ viene fornito, per ogni reazione, come funzione della temperatura in base a valutazioni teoriche e sperimentali sull'andamento delle sezioni d'urto nucleari. La sperimentazione alle energie di interesse astrofisiche peraltro resa difficoltosa dalla bassa efficienza delle reazioni e quindi dal basso numero di eventi attesi dai limitati campioni di materia gestibili in un laboratorio. Tali esperienze vengono quindi realizzate tipicamente in laboratori sotterranei, quali i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'INFN, per quanto possibile schermati dal fondo di segnali prodotto dalla radiazione cosmica.

Aggiungiamo che nelle valutazioni complessive occorrerà infine tener anche conto della presenza nel plasma stellare di elettroni liberi la cui carica elettrica negativa tende a schermare i campi elettromagnetici dei nuclei, favorendo le reazioni nucleari (electron screening).