Le reazioni nucleari ricoprono un ruolo fondamentale nell'evoluzione delle strutture stellari, non solo per costituire un importante componente della generazione di energia ma anche determinando l'evoluzione della composizione chimica della materia stellare. Conviene quindi esaminare in qualche maggior dettaglio lo scenario in cui si colloca tale meccanismo fisico.
All'inizio del XX secolo Rutherford, studiando la deflessione di un fascio di particelle cariche da parte di una sottile lamina metallica, concluse che in un atomo le cariche positive sono raggruppate in una microscopica regione centrale, il nucleo, di raggio dell'ordine di $10^{-13}-10^{-12}$ cm, circondato da una nuvola di elettroni negativi con dimensioni dell'ordine di $10^{-8}$ cm. Se l'attrazione coulombiana rende ragione della collocazione degli elettroni, fu chiaro che sui nucleoni (protoni e neutroni) doveva agire una forza che dominando sulla repulsione coulombiana riusciva a mantenere le particelle del nucleo in una configurazione stabile. Forze che fu conseguentemente indicata come interazione forte. Operativamente indicheremo come raggio di un nucleo proprio la distanza cui comincia a manifestarsi la interazione forte come deviazione dal comportamento coulombiano nelle esperienze di scattering di particelle cariche su un nucleo.
Un nucleo è quindi un insieme isolato di nucleoni sotto il controllo della forza forte. Insieme isolato sia per il caratteristico comportamento dell'interazione forte che si annulla al di la' di un caratteristico range di azione, sia per la repulsione coulombiana che in condizioni normali impedisce che due nuclei possano avvicinarsi sino al raggio di azione delle forze forti. Particelle sufficientemente energetiche possono peraltro giungere a superare tale repulsione coulombiana. Se e quando ciò avviene, i nucleoni di due nuclei venuti in contatto “forte” formano per definizione un nucleo composto, cioè un insieme di nucleoni sotto il comune controllo delle forze forti.
Non necessariamente il nucleo composto ammetterà configurazioni stabili. Ove ciò si verifichi, il nucleo composto (creato in uno stato eccitato) potrà decadere nel suo stato fondamentale, emettendo sotto forma di un quanto $\gamma$ l'energia in eccesso, come data dall'energia cinetica delle particelle interagenti e dalla variazione dell'energia di legame dei nucleoni prima e dopo l'interazione. Più in generale il nucleo composto tenderà a decadere in una serie di diversi possibili canali di decadimento, con probabilità che dipendono dal particolare insieme di nucleoni e dall'energia da essi posseduta. Sarà così possibile che il nucleo composto si suddivida in due o più frammenti, che emetta un nucleone singolo, una particella $\alpha$, ecc. . Potrà in particolare ridecadere nei componenti iniziali, realizzando così uno scattering nucleare, simile come risultato ma sostanzialmente diverso dallo scattering coulombiano nel quale non sussite interazione nucleare e formazione del nucleo composto. Si noti che i possibili canali di decadimento del nucleo composto possono dipendere anch'essi dall'energia: ad esempio solo fornendo al nucleo composto energie superiori all'energia di legame dei nucleoni sarà possibile che il nucleo si frammenti nei suoi singoli componenti (evaporazione del nucleo).
In un generico processo di collisione nucleari tra due particelle
i e j, il numero $n_p$ di eventi che, per unità di volume e per
unità di tempo, conducono ad un prodotto finale “p” viene
correlato alla densità delle particelle interagenti ed alla loro
mutua velocità V attraverso una relazione che è definizione
della sezione d'urto $\sigma_p$
$$n_p=N_iN_j\sigma_p(V)V$$
dove $N_i$ e $N_j$ indicano rispettivamente il numero di
particelle interagenti per unità di volume. E' facile verificare
come tale relazione rappresenta l'estensione formale di quanto
banalmente ricavabile nel caso di particelle assimilabili a
sferette. Essendo $N_iN_j$ il numero di possibili coppie di
particelle per unità di volume, $\sigma_p(V)V$ si configura come
la probabilità per coppia di particella che avvenga il processo
“p”.
Nel caso di particelle di varia velocità è immediata
l'estensione della relazione precedente alla più generale
relazione
$$ dn_p=N_iN_j(V)\sigma_p(V)VdV$$
dove $N_iN_j(V)dV$ rappresenta il numero di coppie di particelle
che hanno tra loro mutua velocità tra V e V+dV, e $dn_p$ è il
contributo di tali particelle al processo in esame.
Nel caso di reazione di fusione tra particelle cariche, che è
quello che più direttamente ci interessa, la probabilità di
reazione può essere ulteriormente esplicitata entrando nel
merito dei meccanismi fisici ad esso inerenti. Ricordando che si
ha formazione di nucleo composto quando le particelle giungono
alle distanze dell'interazione forte, una reazione nucleare può
essere pensata procedere in due successivi e distinti passi
Essendo questi due accadimenti tra loro indipendenti, la
probabilità P di reazione sarà data dal prodotto delle due
rispettive probabilità
$$P = \sigma(V)V = P_C P_N$$
ove con $P_C$ e $P_N$ indichiamo rispettivamente la probabilità
(coulombiana) di formazione del nucleo composto e la probabilità
(nucleare) di decadimento del nucleo composto nel canale
prescelto.
Figura 3.9 Una particella che a grande distanza da un
nucleo bersaglio possegga una energia cinetica E non può
classicamente oltrepassare la distanza R$_c$, alla quale tutta
l'energia cinetica iniziale siè trasformata in energia
potenziale nel campo elettrico. Grazie all'effetto tunnel
quantistico una frazione di particelle riesce invece a raggiungere
la distanza r$_n$ alla quale intervengono le interazioni
nucleari.
In tale scenario, le regole della fisica ci consentono di valutare
$P_C$. Al proposito è da considerare che alle temperature
tipiche degli interni stellari l'energia delle particelle
interagenti è in ogni caso inferiore all'altezza della barriera
coulombiana (figura 3.9). In altre parole le reazioni
nucleari sono classicamente proibite. In simili condizioni è
peraltro noto che la meccanica ondulatoria predice che la barriera
di potenziale non rappresenta un confine rigido per la presenza di
particelle: la funzione d'onda si attenua all'interno della
barriera, ma esiste un probabilità, piccola ma finita, che una
particella superi la zona classicamente proibita per giungere ad
interagire nuclearmente (effetto tunnel).
Tale probabilità risulta in particolare proporzionale al
fattore di penetrazione di Gamow
$$P_C \alpha \frac {1}{E^{1/2}}exp(- \frac {2\pi Z_iZ_je^2}{hV})$$
Ne segue che la barriera coulombiana gioca un ruolo determinante,
abbassando di un fattore $exp(-Z_iZ_j)$ la probabilità di
reazione al crescere del numero atomico delle particelle
interagenti. Tale andamento esponenziale risulta dominante su
tutti gli altri fattori, ed in esso risiede il motivo per cui
l'energia di soglia delle reazioni nucleari cresce al crescere di
Z.
Il caso della materia stellare, nella quale le particelle
interagenti sono ambedue termalizzate, può essere ricondotto
all'analisi precedente. Si può infatti mostrare che se le
particelle i e j hanno ambedue una
distribuzione di velocità di
Maxwell Boltzmann, anche la distribuzione delle mutue velocità è una
maxwelliana, e per il numero di coppie N(V)dV con
velocità mutua V = |Vi-Vj| tra V e V+dV si ha
$$N(V) = N_iN_j (\frac{2}{\pi})^{1/2} \frac{V^2\mu^{3/2}}{kT^{3/2}} e^{- \frac {\mu V^2}{2kT}} = N_iN_j n(V)$$
dove $\mu=A_iA_j/(A_i+A_j)$ è la massa ridotta tipica dei
problemi dei due corpi.
Il numero di reazioni per unità di volume ed unità di tempo
sarà in definitiva fornito da
$$n=\int_{0}^{\infty}{N(V)P_CP_NdV} = N_iN_j\int_{0}^{\infty} {n(V)P_CP_NdV}$$
Trascurando il contributo di $P_N$, da ricavarsi da opportune
esperienze di laboratorio e che fuori da eventuali risonanze è
funzione lentamente variabile,è istruttivo esaminare
l'andamento della funzione integranda $n(V)P_C$ nelle tipiche
situazioni stellari.
Assumendo, come verificheremo nel seguito, che il Sole sia sorretto dalla combustione di idrogeno, l'evidenza geologica che assegna al Sole un' età superiore ai 4 miliardi di anni, si traduce nell'evidenza di una lunga vita media dei protoni a fronte delle reazioni di combustione e, di converso, di una probabilità di reazione fortemente ridotta. La grande quantità di energia emessa dal Sole è quindi figlia non tanto della velocità delle reazioni ma del grandissimo numero di particelle coinvolte.
Come illustrato in figura 3.10, ciò corrisponde ad
una situazione in cui la citata funzione integranda è non nulla
solo in un ristretto intervallo di energie nel quale la coda ad
alte energie della maxwelliana interseca il limite inferiore della
probabilità di penetrazione coulombiana. L'andamento
dell'integrando in tale regione prende il nome di picco di
Gamow e l'energia del suo massimo viene indicato come
energia di Gamow. Si noti come al crescere di $Z_iZ_j$ la
probabilità coulombiana si sposti a maggiori energie: al fine di
fornire un analogo contributo energetico la maxwelliana si dovrà
anch'essa spostare verso maggiori energie, richiedendo cioè
maggiori temperature.
Figura 3.10 Andamento schematico delle due funzioni,
l'integrale del cui prodotto regola la velocità delle reazioni
nucleari. La curva a tratti mostra l'andamento del prodotto, che
raggiunge un massimo all'energia di Gamow E$_G$
Nella usuale notazione astrofisica si usa porre
$$n=\frac{N_iN_j}{1+\delta_{ij}} <\sigma V>$$
ove $$< \sigma V>$$ rappresenta l'integrale sulle velocità ed il
fattore $1+\delta_{ij}$ ($\delta_{ij}$=0 per i=j, =1 per i=j)
viene introdotto per generalizzare la formula al caso di
particelle identiche per il quale il numero di coppie risulta
$N_i^2/2$. Il valore di $$<\sigma V>$$ viene fornito, per ogni
reazione, come funzione della temperatura in base a valutazioni
teoriche e sperimentali sull'andamento delle sezioni d'urto
nucleari. La sperimentazione alle energie di interesse
astrofisiche peraltro resa difficoltosa dalla bassa efficienza
delle reazioni e quindi dal basso numero di eventi attesi dai
limitati campioni di materia gestibili in un laboratorio. Tali
esperienze vengono quindi realizzate tipicamente in laboratori
sotterranei, quali i Laboratori Nazionali del Gran Sasso
dell'INFN, per quanto possibile schermati dal fondo di segnali
prodotto dalla radiazione cosmica.
Aggiungiamo che nelle valutazioni complessive occorrerà infine tener anche conto della presenza nel plasma stellare di elettroni liberi la cui carica elettrica negativa tende a schermare i campi elettromagnetici dei nuclei, favorendo le reazioni nucleari (electron screening).