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c05:neutrini_solari

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A5.5. Neutrini Solari

I neutrini solari hanno rappresentato un rilevante problema giunto a soluzione giusto nei primi anni 2000. I termini di tale problematica erano stati posti a partire dai precedenti anni '60, quando R. Davis installò in una miniera di Homestake, nel Sud Dakota, ad una profondità di 1500 metri, un contenitore con 400.000 litri di tetracloroetilene al fine di rivelare i neutrini prodotti dalle reazioni di fusione nucleare che, trasformando idrogeno in elio, riforniscono il Sole di energia. Una valutazione del numero di neutrini emessi dal Sole è di grande semplicità. In ogni reazione di fusione 4 protoni vanno a formare un nucleo di elio con due protoni e due neutroni, e ad ogni formazione di un neutrone corrisponde l'emissione di un neutrino. Quindi ad ogni reazione di fusione corrisponde l'emissione di due neutrini. Il numero di reazioni che avvengono in un secondo è subito ricavabile dall'energia luminosa emessa dal Sole in quell'intervallo di tempo (3.9 1033 erg) divisa per l'energia prodotta nella formazione di un nucleo di elio (circa 25 MeV = 4 10-5 erg). Ne risulta una produzione di circa 1038 neutrini al secondo e un flusso, alla distanza della terra, dell'ordine di 1011 neutrini per cm2 e per secondo.

I neutrini solari rivestono una grande importanza perché, prodotti nelle regioni centrali della stella, sfuggono direttamente nello spazio senza in pratica interagire con la materia solare. Essi portano quindi informazioni direttamente dalle regioni di produzione, nel centro della nostra stella. Con i fotoni dunque vediamo la superficie del Sole, con i neutrini “vediamo” le sue parti centrali. Per comprendere l'evoluzione della problematica sui neutrini solari, dobbiamo peraltro ricordare come alla fusione dell'idrogeno concorrano numerose reazioni che producono neutrini elettronici di varia energia (Fig. 5.19) . Le più importanti risultano:

<tex> $$p+p \rightarrow D + \nu_e \ \ \ E_\nu =0.42 Mev$$ </tex>

<tex> $$^7Be+e^- \rightarrow ^7Li + \nu_e \ \ \ E_\nu =0.86 Mev$$ </tex>

<tex> $$^8B \rightarrow ^8Be + e^+ + \nu_e \ \ \ E_\nu =14.06 Mev$$ </tex>

ove per ogni reazione è riportata l'energia massima posseduta dai neutrini prodotti.

figura05_19.jpg
Fig. 5.19 Lo spettro dei neutrini solari predetto dal Modello Solare Standard. Le frecce riportano la soglia dei vari esperimenti di rivelazione.

L'esperienza di Davis rivelava i neutrini tramite la reazione <tex>$\nu_e + ^{37}Cl \rightarrow ^{37}Ar + e^-$</tex> e la successiva rivelazione del decadimento del nucleo di <tex>$^{37}$Ar</tex> così prodotto. La reazione ha peraltro una soglia pari a 0.81 Mev, talchè l'esperimento poteva in linea di principio rivelare solo i neutrini provenienti dalle reazioni del boro (B) e del berillio (Be). Sorprendentemente i neutrini rivelati risultarono solo tra 1/2 e 1/3 di quelli previsti dalla teoria.

Tale evidenza sperimentale si apriva a due interpretazioni alternative. Poteva infatti indicare che i modelli teorici non valutavano correttamente il contributo delle diverse reazioni all'emissione dei neutrini, fermo restando il numero totale di neutrini emessi. Ne seguirono vari ma vani tentativi di abbassare le temperature centrali del Sole, spostando così le reazioni verso la catena ppI i cui neutrini non erano rivelabili. Ma, alternativamente, sin dal 1962 Bruno Pontecorvo (1913-1993) aveva avanzato l'ipotesi secondo la quale i neutrini emessi dal Sole, di tipo elettronico, si sarebbero trasformati in volo in uno degli altri due tipi di neutrino (muonico e tauonico), perdendo così la capacità di interagire col Cloro. Ipotesi affascinante perché implicherebbe che il neutrino abbia una massa, contrariamente alle previsioni dei più semplici e accettati modelli di tali particelle, aprendo la strada ad una nuova fisica.

Il problema dei neutrini solari ha stimolato nel tempo una serie di importanti imprese sperimentali. Nel 1987 l'esperimento giapponese Kamiokande misurava i neutrini del B utilizzando processi di scattering elettronico, parzialmente sensibili anche alla presenza di neutrini non elettronici, confermando il deficit di neutrini. Assumendo come validi i dati sperimentali, era peraltro già possibile ricavare che i risultati dei due esperimenti erano incompatibili con neutrini canonici. La Fig. 5.20 mostra l'interpretazione dei dati sperimentali nel piano dei flussi neutrinici rispettivamente di B e Be. Kamiokande, sensibile solo ai neutrini del B, fissa il flusso di tali neutrini indipendentemente da ulteriori assunzioni. Il segnale di Homestake fornisce invece una relazione tra i due flussi a seconda che sia interpretato come prodotto solo da neutrini del B, solo da neutrini del Be o da una mescolanza dei due. La figura mostra che, in ipotesi di neutrini canonici, il flusso del B misurato da Kamiokande dovrebbe, da solo, produrre in Homestake un segnale più alto di quanto osservato. Una contraddizione sanabile solo ammettendo un errore nei dati sperimentali.

figura05_20.jpg
Fig. 5.20 Le condizioni imposte dagli esperimenti di Homestake e Kamiokande ai flussi di neutrini del Be e B.

Un ulteriore chiarimento. e un supporto ai dati dei precedenti esperimenti, veniva dai risultati dell'esperimento Gallex (Gallium Experiment) condotto a partire dal 1996 nei Laboratori Sotterranei dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) al Gran Sasso, e dal contemporaneo esperimento SAGE (Soviet-American Gallium Experiment) in un laboratorio sotterraneo nelle montagne del Caucaso. La soglia della reazione utilizzata da ambedue questi esperimenti per rivelare i neutrini

<tex> $$\nu_e + ^{71}Ga \rightarrow ^{71}Ge + e^-$$ </tex>

era sufficientemente bassa per rivelare neutrini provenienti da tutte le reazioni supposte esistenti nel Sole. Il deficit di neutrini riscontrato anche in questi esperimenti, interpretabile ancora sulla falsariga dello scenario di Fig. 5.20 puntava decisamente in direzione delle oscillazioni del neutrino. La soluzione definitiva del problema è venuta solo nel 2001, con l'esperimento di Sudbury che utilizza l'interazione tra neutrino e deuterio per studiare contemporaneamente la presenza sia di neutrini elettronici che di altro tipo. Le due reazioni utilizzate sono:

<tex> $$\nu_e + D \rightarrow p + p + e^-$$ </tex>

<tex> $$\nu + D \rightarrow p + n + \nu$$ </tex>

Anche dal confronto con i risultati degli esperimenti precedenti, se ne è tratta la chiara e definitiva evidenza per un flusso dei neutrini in pieno accordo con le previsioni teoriche e la contemporanea evidenza per l'oscillazione dei neutrini elettronici in neutrini di altro tipo, aprendo così la strada ad un nuovo capitolo della fisica fondamentale.

<fbl>



c05/neutrini_solari.1472730632.txt · Ultima modifica: 14/06/2021 14:05 (modifica esterna)

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