11.1 L'evoluzione nucleare.
La formazione di strutture stellari è un evento del tutto
naturale che segue e segna la storia dell'intero Universo. Ogni
singola stella, con tempi e modi condizionati dai parametri
strutturali, è una sorta di macchina naturale che trasforma
l'idrogeno in elio e l'elio in elementi ancora pi ù pesanti.
Abbiamo più volte ripercorso le motivazioni che ci inducono a
ritenere che gli elementi cosi sintetizzati vengano riciclati
nella materia interstellare, contribuendo al progressivo
arricchimento di elementi pesanti nelle successive generazioni
stellari. Con questo scenario in mente, possiamo ora cambiare
prospettiva e spostare la nostra attenzione dalle strutture
stellari ancora “in funzione” al prodotto finale di tale
funzionamento, interrogando la materia dell'Universo per vedere se
resta traccia, e quale traccia resti, di tali accadimenti.
Fig. 11.1 Curva delle abbondanze solari con indicati
i relativi principali processi di nucleosintesi.
Per una tale indagine il dato di partenza sperimentale è
fornito dalla distribuzione delle specie nucleari nella materia
dell'Universo attuale. Tale dato è fornito dall'analisi
spettroscopica della atmosfere stellari, che sappiamo dover
conservare - con minori eccezioni - la composizione chimica della
materia da cui quelle stelle sono nate. Analoghe osservazioni sono
ottenibili direttamente per il mezzo interstellare e,
naturalmente, abbiamo a disposizione anche il campione locale
costituito dalla Terra, dai meteoriti e dai corpi del sistema
solare resi accessibili dai veicoli spaziali.
Il risultato di una tale indagine è che, tenuto conto dei
processi selettivi che hannno certamente operato nella formazione
dei corpi planetari, la materia dell'Universo sembra aver
mantenuto nel tempo una tipica distribuzione delle varie specie
nucleari. Infatti se è pur vero che, ad esempio, nella Galassia
il contenuto di elementi pesanti pu ò variare tra Pop.I e
Pop.II anche di un fattore 100, la distribuzione delle abbondanze
relative non si discosta sensibilmente da quella ricavata èer il
Sole, riportata a suo tempo in Fig. 1.5.
Fig. 11.2 Confronto tra le abbondanze relative dei
nei raggi cosmici (cerchi aperti) e nel Sole (cerchi pieni),
normalizzate all'abbondanza di He
Come mostrato in Fig. 11.1, avendo in mente la storia
delle reazioni nucleari nelle struttura stellare, non è
difficile riconoscere in tale distribuzione l'impronta del
funzionamento della “macchina stella”. La peculiare scarsezza
degli elementi leggeri Li, Be e B, è quanto ci si attende dalla
combustione dell'idrogeno: la natura di elementi secondari nella
catena pp assicura infatti che tali elementi - ove presenti -
debbano ridursi ai loro infinitesimali valori di equilibrio. Le
reazioni termonucleari possono quindi al più distruggere il
litio cosmologico (Li/H $\sim$ 10$^{-10}$) emerso dalla
nucleosintesi del Big Bang.
La successiva serie di picchi di abbondanze che si spingono sino al grande picco del Fe portano un'indubbia testimonianza delle serie di reazioni che portano sino al Fe attraverso essenzialmente un progressiva agglutinazione di particelle $\alpha$. E, infine, il picco stesso del Fe è l'attesa conseguenza dei processi di equilibrio che sappiamo dominare le ultime fasi della vita delle grandi masse stellari. La prima porzione della curva delle abbondanze ci parla dunque senza ambiguità di una storia di interni stellari e dei loro successivi riciclaggi nella materia interstellare. Resta peraltro da indagare l'origine dei nuclei oltre il ferro, che non possono essere prodotti nelle reazioni termonucleari che sostengono le strutture stellari.
Prima di affrontare un tale argomento notiamo qui che gli elementi leggeri Li, Be e B pongono peraltro un particolare problema. L'abbondanza di Litio nel Sole è infatti, ad esempio, superiore a quella cosmologica misurata nelle atmosfere di stelle di Pop.II. Deve quindi essere stato efficiente un meccanismo di produzione di Li che, per quanto abbiamo detto, non può risedere nelle reazioni termonucleari dalle quali tale elemento viene invece distrutto. Oggi si ritiene che tale elemento venga almeno in parte prodotto dall'interazione dei Raggi Cosmici con i nuclei di materia interstellare, attraverso processi di spallazione. Misure effettuate sia da Terra che dallo spazio mostrano infatti come la Galassia sia attraversata da flussi di particelle di alta e altissima energia (sino a oltre 1020 eV), di gran lunga superiori a quanto ottenuto sinora nei più potenti acceleratori di particelle.
Tali particelle, in gran parte protoni, inducono reazioni di
impatto con i nuclei della materia interstellare, reazioni che, a
causa delle altissime energie in gioco, si traducono nella
frantumazione (la “spallazione”) dei nuclei più pesanti. La
peculiare abbondanza di elementi leggeri nella radiazione cosmica,
mostrata in Fig. 11.2, fornisce una chiara
testimonianza dell'efficienza di un tale processo. Non pare
peraltro che tale meccanismo possa rendere intera ragione della
abbondanze osservate, talché si è ipotizzato l'intervento di
ulteriori meccanismi, quali reazioni indotte dai neutrini
nell'esplosione di Supernovae di tipo II (infra) o
l'efficienza di reazioni del tipo
$$^3He (\alpha, \gamma) ^7Be (e^+\nu)^7Li$$
sia nei raggi cosmici stessi, come negli inviluppi convettivi
delle Giganti Rosse e, in particolare, nelle periodiche esplosioni
di stelle Novae.