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11.4 Fenomeni esplosivi: Variabili cataclismiche, Novae e Supernovae.
L'evoluzione di strutture stellari isolate, cui abbiamo sinora
rivolto la nostra attenzione, non rende completamente conto della
fenomenologia riguardante le strutture stellari.
Abbiamo ad esempio già ricordato l'evidenza osservativa di
varibili cataclismiche. Tali sono ad esempio le variabili tipo
U Geminorum: stelle che aumentano improvvisamente la loro
luminosità tipicamente di 3-4 magnitudini e permangono a tale
luminosità per alcuni giorni per tornare poi ad uno stato
quiescente e ripetere il fenomeno a distanze temporali irregolari
di settimane o mesi. Fenomeno quindi ben diverso dalle
pulsazioni che abbiamo già discusso, e che non trova spiegazione
all'interno dello scenario evolutivo delle strutture stellari
isolate.
Fig. 11.7 Curva di luce della variabile cataclismica
SS Cyg, del tipo U Geminorum.
Il nostro interesse per tali fenomeni riveste un duplice
aspetto. Innanzitutto, a fronte dell'evidenza di fenomeni
esplosivi, vogliamo verificare se e quanto tali fenomeni possono
ulteriormente contribuire alla nucleosintesi di elementi pesanti.
In secondo luogo, è anche tempo di affrontare un problema
centrale dell'evoluzione chimica dell'Universo: quanta della
materia sintetizzata all'interno delle strutture stellari viene
resitituita al mezzo interstellare, e come?
L'osservazione mostra che le variabili cataclismiche sono in ogni caso membri di sistemi binari stretti. Il meccanismo all'origine di tale fenomenologia è infatti collegato alla binarietà ed è ormai sufficientemente ben conosciuto. Si è in ogni caso in presenza di sistemi formati da una gigante rossa e una nana bianca. In tali condizioni, se il sistema è sufficientemente stretto (–> …), può innescarsi uno scambio di materia tra le due componenti, con gli strati atmosferici della gigante che cadono sulla Nana Bianca formando in genere attorno alla Nana un disco di accrescimento che deposita lentamente materia sulla nana stessa.
La materia cosi stratificata alla superficie della nana è ricca di idrogeno, e quando tale inviluppo raggiunge una massa critica si innescano esplosivamente le reazioni di combustione dell'idrogeno, dando luogo all'improvviso aumento di luminosit\`a. L'esplosione riprocessa almeno in parte il materiale sedimentato, la stella ritorna nel suo stato quiescente e riprende il processo di accrescimento che porterà a tempo debito ad una successiva esplosione. Il processo è ripetitivo ma non strettamente periodico. Per queste varibili vale, almeno qualitativamente, la legge di Kukarkin e Parenago, secondo la quale il tempo che intercorre tra due esplosioni è tanto più lungo quanto maggiore è l'aumento di luminosità.
Un meccanismo del tutto analogo è all'origine di eventi ben più violenti, quali sono le esplosioni delle stelle Novae. Lo splendore di tali stelle sale improvvisamente, in uno-due giorni, di almeno 10-11 magnitudini, per declinare poi lentamente (da qualche mese a qualche anno) verso lo splendore originale. Poichè nel suo stato quiescente la stella è raramente visibile ad occhi nudo, tali eventi furono in antico considerati come apparizione di nuove stelle, da cui il nome. L'energia sviluppata nell'evento è dell'ordine di 1045- 1046 erg, pari quindi a quella emessa dal Sole in circa 100 000 anni. Si stima che in una galassia come la nostra ogni anno si “accendano” circa 30 Novae. Nelle esplosioni vengono espulsi circa 10-4 <tex>M$_{\odot}$</tex> di materiale elaborato nuclearmente dall'esplosione, fonte non trascurabile di arricchimento per la materia interstellare.
Confuse per molto tempo con le Novae, le Supernovae (SN) rappresentano infine un evento esplosivo di gran lunga più energetico. Al picco di luminosità una SN può aumentare di 20 magnitudini (100 milioni di volte) e raggiungere 1010 luminosità solari, emettendo quindi come un intera galassia. Che si sia di fronte ad un fenomeno distruttivo è rivelato , oltre cha dall'enorme quantità di energia emessa, dalle osservate velocità di espansione che si aggirano attorno ai 104 km/sec. L'esplosione di SN non è peraltro un fenomeno inatteso. L'evoluzione stellare ci ha infatti insegnato che le grandi masse devono terminare la loro vita con un collasso gravitazionale in cui vengono messe in gioco energie tipiche delle SN. E in questo stesso capitolo abbiamo trovato chiare tracce di un tale accadimento nella produzione degli isotopi “r” e “p”. Il quadro osservativo appare perlatro più complesso, e dovrà essere discusso con qualche dettaglio.
Le caratteristiche della curva di luce hanno innanzitutto
consentito di evidenziare due distinte classi di SN, Come mostrato
in Fig. le Supernovae di Tipo I (SNI) hanno curve di luce ben
caratteristiche e praticamente sovrapponibili, con una prima
rapida discesa di circa tre magnitudini seguita da un più lento
e regolare declino. Le SNII hanno invece un continuo regolare declino
(SNII lineari) in alcuni casi interrotto da un periodo in
cui la luminosit\`a cessa quasi di decrescere (SNII
plateau). A tali differenze nella curva di luce si accomunano
anche caratteristiche spettroscopiche: nelle SNI sono assenti le
righe dell'idrogeno, che appaiono invece nelle SNII.
Fig. 11.8
Curva di luce composita ottenuta
sovrapponendo i dati osservativi di 38 SN di tipo I.
Le SNII hanno le caratteristiche attese per il collasso finale di
grandi masse. Esse appaiono infatti solo in galassie a spirale e
solo in regioni ove sono evidenti fenomeni di recente formazione
stellare (Regioni H II). Quindi le SNII sono quelle predette
dall'evoluzione stellare, tipiche di una Pop. I. Ci si attende che
nell'esplosione tali N eiettino nello spazio gli starti che
contornano il nucleo centrale neutronizzato, lasciando come
“remnant” o una stella di neutroni o una buca nera. Le SNI sono
invece oggetti inattesi, che vediamo esplodere anche in galassie
ellittiche, quindi in popolazioni antiche ove stanno ancora
evolvendo solo piccole masse. Un più accurato studio di questo
tipo di SN ha infine portata ad una ulteriore suddivisione delle
SNI in tipo “a” (SNIa) nel cui spettro è presente la riga di
assorbimento del SiII a <tex>$\lambda$</tex>=6150 A, e SNIb ove tale riga è
assente. La Tabella 1 riassume la corrispondente
situazione osservativa:
Cosa può produrre l'inattesa evidenza di SN in una popolazione antica? La domanda trova una naturale risposta quando si mediti sul fatto che le Nane Bianche di CO sono dei potenziali detonatori se e quando qualche meccanismo le porti a superare la massa di Chandrasekhar. E il meccanismo di trasferimento di massa che vediamo all'opera nelle binarie cataclismiche e nelle Novae si adegua perfettamente a tale compito. Per completezza aggiungiamo che a fianco di tale meccanismo è stata anche proposta la coalescenza di due Nane Bianchie mutuamente orbitanti, a causa della perdita di energia per emissione di onde gravitazionali. Resta in ogni caso l'identificazione delle SNIa come prodotte dalla detonazione-deflagrazione del C, con incinerimento e totale dispersione della struttura.
Non sorprendentemente, si trova che la curva di luce delle SNIa
è così regolare perchè governata, in sequenza temporale,
dall'energia emessa dai due decadimenti
<tex>
$$^{56}Ni \rightarrow ^{56}Co + e^+ +\nu \ \ \ (\tau = 6 d)$$
</tex>
<tex>
$$^{56}Co \rightarrow ^{56}Fe + e^+ +\nu \ \ \ (\tau = 77 d)$$
</tex>
Valutazioni quantitative mostrano come in queste esplosioni
vengano sintetizzate da 0.5 a 1 <tex>M$_{\odot}$</tex> dell'isotopo multiplo
di <tex>$\alpha$ $_{28}^{56} Ni$</tex>. La buona analogia tra le curve di
luce delle SNIa e SNIb indica infine che anche le SNIb devono
corrispondere all'incenerimento termonucleare di una nucleo
degenere. L'assenza di tali SN nelle galassie ellittiche indica
peraltro che in questo caso tale incinerimento deve trarre origine
dal nucleo degenere di una stella di massa intermedia. Anche in
quest'ultimo caso la binariet\`a dovrebbe giocare un ruolo
importante, producendo stelle con nuclei degeneri privi del loro
inviluppo, osservate nella Galassia, note come oggetti di
Wolf Rayet. Non è peraltro escluso che almeno nelle primissime
generazioni stellari deficienti in metalli, a causa del combinato
aumento di <tex>M$_{UP}$</tex> con la possibile diminuzione della perdita di
massa (diminuita opacità radiativa), il limite di Chandrasekhar
possa essere stato raggiunto anche da stelle isolate di massa
intermedia.
<fbl>